Le etichette a semaforo sono un sistema già sperimentato su base volontaria in Gran Bretagna a partire dal giugno 2013 e ora allo studio in Francia e in Belgio.
Le etichette a semaforo sperimentate in Inghilterra prevedono un bollino rosso, giallo e verde che viene applicato sulle confezioni degli alimenti con il colore scelto a seconda della quantità di grassi saturi, grassi, sale e zuccheri. Un alimento con bollino verde avrà quindi presumibilmente un basso contenuto di grassi e così via.
Quando la presenza di calore, grassi, sale e zuccheri aumenta oltre una certa soglia di tollerabilità ogni 100 grammi di prodotto, ecco che dal colore verde si passa al giallo e poi al rosso. Molti prodotti e marchi storici sono stati danneggiati dall’introduzione delle etichette a semaforo in Gran Bretagna, motivo per cui esiste un dibattito molto acceso sul tema.
Molti autorevoli esperti hanno infatti espresso dubbi circa l’utilizzo delle etichette a semaforo, che invece hanno visto l’entusiastica approvazione da parte delle multinazionali, che gioverebbero di un sistema basato sul calcolo a porzione con il quale sarebbe possibile diminuire la quantità di snack per ottenere un bollino giallo.
Le etichette a semaforo sono state rimodulate in Francia, paese che ha depositato a Bruxelles il decreto di introduzione del sistema di etichettatura nutrizionale volontario Nutri-score. Si tratta di un sistema basato su cinque colori e lettere (non tre come le classiche etichette a semaforo).
Le etichette a semaforo Nutri-Score catalogano i prodotti alimentari in cinque categorie e attribuiscono a ciascun prodotto un punteggio sulla base di grassi, zuccheri e sale contenuti in 100 grammi di prodotto.
Chi ha deciso di introdurre uno strumento come l'etichetta nutrizionale a semaforo lo fa in teoria per informare la popolazione sulla composizione degli alimenti nell’ottica di una maggiore educazione alimentare.
Anche se ancora imprecise, le etichette a semaforo vengono attualmente aspramente contestate dall’industria alimentare e dai governi di molti paesi europei, tra cui l’Italia, che lo giudicano un sistema sbilanciato ed eccessivamente penalizzante nei confronti di prodotti tipici dell’area Mediterranea.