Quando si parla di
blocco sfratti ci si riferisce a un Decreto legge emanato dal Governo, emanato al fine di
tutelare i nuclei famigliari in affitto che vivono in situazioni economiche e di salute precarie e disagiate. Con tale decreto, infatti, è possibile scongiurare il rischio dello
sfratto se accertati e certificati
determinati requisiti. Con il decreto “Milleproroghe”, il governo ha prorogato il blocco degli sfratti per finita locazione fino al
30 giugno del 2014.
Il blocco sfratti concerne la tipologia di
sfratti per finita locazione. Nello specifico il decreto riguarda gli inquilini con un
reddito annuo lordo inferiore ai 27.000 euro, che
non possiedono altra abitazione idonea nella regione di residenza e il cui nucleo famigliare comprende persone
oltre i sessantacinque anni, soggetti affetti da
patologie terminali o
portatori di handicap con una percentuale di invalidità superiore al 66%. Il blocco sfratti si applica anche ai nuclei familiari che, nelle medesime condizioni di reddito e non possidenza, hanno
figli a carico.
Il decreto "blocco sfratti" si applica ai comuni di provincia, a quelli confinanti con i capoluoghi di provincia con una popolazione superiore ai 10.000 abitanti e nei comuni ad alta densità abitativa. Al riguardo è possibile consultare la
corrispondente pagina web del
sito online di Confedilizia, che fornisce l’
elenco completo dei comuni interessati dal blocco sfratti.
L’esecuzione effettiva del blocco della
procedura di sfratto ha luogo a seguito della presentazione, presso la cancelleria del Giudice procedente, della
documentazione inerente in merito che attesti il possesso dei requisiti per avvalersi del decreto. La documentazione consiste in un’
autocertificazione che va messa a punto secondo quanto dichiarato dagli articoli 21 e 30 del Decreto del Presidente della Repubblica numero 445/2000. Tuttavia, l’esecuzione del blocco sfratti
può essere contestata dal proprietario dell’immobile abitativo nei casi in cui i requisiti dichiarati dagli inquilini non sussistano: in tal caso il proprietario dovrà presentare il ricorso al giudice dell’esecuzione.
Durante il periodo della sospensione l’inquilino dovrà corrispondere al locatore un
canone incrementato del 20%, che non esonera lo stesso dal risarcimento di un eventuale maggior danno, e decade dall’interruzione in caso di sopraggiunta
morosità, eccetto i casi di sanatoria davanti al Giudice. D’altra parte
il proprietario potrà interrompere o evitare del tutto la sospensione nel caso dimostri di trovarsi nelle medesime condizioni dell’inquilino oppure nei casi di sopraggiunta necessità dell’abitazione. In ogni caso il proprietario dovrà presentare il ricorso davanti al Giudice competente dell’esecuzione che emetterà la sua decisione con decreto.
Si ricorda inoltre che in alcuni comuni, come quello di Torino, Milano, Roma, Bari per esempio, oltre che quelli ad alta densità abitativa, i canoni ricevuti dai proprietari non sono imponibili sulle imposte dirette.
Per ulteriori informazioni si consiglia di consultare il sito web di
Confedilizia, alla voce “Sfratti”.