I
certificati di deposito sono un prodotto finanziario che prevede di vincolare una certa somma di denaro e di percepire un interesse alla scadenza del contratto. Si tratta di contratti vincolati dunque, ma anche trasferibili, ossia cedibili a una terza persona. Il vincolo però impone al possessore del titolo di non poter ritirare il capitale investito in questo prodotto fino al termine del periodo stabilito dal contratto. Da questa prospettiva, il certificato di deposito può essere confuso con un
conto deposito vincolato, che però ha caratteristiche differenti.
Il certificato può avere una
durata che varia dai 3 mesi ai 5 anni: per legge, il vincolo (il periodo entro il quale non si può essere rimborsati) non può scendere al di sotto della soglia minima dei 3 mesi. Esistono poi certificati a tasso fisso e a tasso variabile. Nel caso il
tasso d’interesse sia fisso, esso non cambierà per tutta la durata del contratto: il risparmiatore saprà quanto percepirà in interessi già al momento della firma del contratto. Se il tasso invece è variabile, gli interessi potrebbero cambiare a seconda dell’andamento dei tassi di riferimento sul mercato.
I certificati si distinguono fra loro poi anche a seconda di come sono percepiti gli interessi, in aggiunta al rimborso del capitale. Questo infatti di norma viene restituito al risparmiatore al termine del contratto. Gli interessi possono invece essere distribuiti tramite
cedole periodiche oppure possono essere riconosciuti alla scadenza del contratto, quando il risparmiatore ottiene capitale e interessi in un’unica soluzione (certificati zero-coupon).
Per certi versi tuttavia, i certificati sono regolati in modo simile ai conti correnti e i conti di deposito. Ad esempio, la
tassazione sui conti deposito si applica, almeno in parte, anche a questa categoria di prodotti finanziari: un certificato è infatti sottoposto alle nuove norme sull
’imposta di bollo, che prevedevano un’aliquota prima dello 0,1%, poi dello 0,15% e oggi salita fino allo 0,20%. In più, come per le altre rendite finanziarie, è stato eliminato il tetto minimo e massimo che delimitava la fascia di certificati a cui si applicava la tassazione.
Ma anche dal punto di vista dei rischi per il risparmiatore, i certificati di deposito sono accomunati in parte ai conti: ad essi si applica il Fondo interbancario di tutela dei depositi (solo però se il certificato è nominativo). In più, se la banca si dimostra insolvente, sono
garantiti i certificati fino ai 100.000 euro.
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