Deficit

Il termine deficit fu coniato dal banchiere ginevrino Jacques Necker, alla vigilia della Rivoluzione Francese, nel 1789 e in economia, viene utilizzato per descrivere la situazione economica di un'impresa dove i costi superano i ricavi, oppure un ente pubblico in cui le spese superano le entrate derivanti dalle imposte dirette e indirette versate da imprese e singoli cittadini.
Per valutare con la dovuta obiettività la condizione delle finanze pubbliche di uno Stato o ente pubblico è necessario distinguere nettamente il deficit legato ad un ciclo economico poco positivo – deficit congiunturale, e il deficit di natura strutturale ovvero un disavanzo registrato in fase di piena attività economica. Quando il deficit è di tipo congiunturale, il problema risulterà complesso ma meno grave del deficit strutturale, forma di disavanzo pericolosissima per qualsiasi economia poiché difficile da risanare ed estinguere.
Esiste però una “terza opzione”: il deficit statale che deriva da una precisa volontà del governo, risultato di manovre finanziarie o strategie economico-finanziarie di lungo periodo di natura espansiva volte al sostegno della crescita economica nazionale con un aumento della spesa pubblica e/o una contemporanea riduzione delle imposte. Ovviamente, il movimento opposto genera politiche di rigore che danno vita a monovre di tipo restrittivo per ridurre il deficit e pareggiare il bilancio.
Al fine di comprendere, analizzare e valutare le finanze pubbliche di uno Stato, il deficit statale viene generalmente misurato in termini assoluti che indicano con precisione il suo ammontare nella moneta di riferimento ma la maggior parte degli economisti preferisce valutarne le dimensioni relative. Questo significa che la valutazione della condizione economica di uno stato passa attraverso l’analisi delle dimensioni del deficit pubblico in rapporto al Pil – Prodotto interno lordo, per definizione la grandezza fondamentale della macroeconomia. Il Pil di uno stato equivale al “valore di mercato di tutti i beni e servizi finali prodotti in un paese in un dato periodo di tempo” e, messo in relazione con il deficit, diviene l’indicatore più semplice in un confronto internazionale. Questo valore indica qual è la capacità di produrre ricchezza e di ripagare il debito di un singolo paese.
Nell’UE – Unione Europea , gli accordi di Maastricht hanno definito un patto di stabilità e crescita che impone a tutti gli stati membri di non superare un deficit pubblico pari al 3% del Prodotto interno lordo nazionale.
Per valutare con la dovuta obiettività la condizione delle finanze pubbliche di uno Stato o ente pubblico è necessario distinguere nettamente il deficit legato ad un ciclo economico poco positivo – deficit congiunturale, e il deficit di natura strutturale ovvero un disavanzo registrato in fase di piena attività economica. Quando il deficit è di tipo congiunturale, il problema risulterà complesso ma meno grave del deficit strutturale, forma di disavanzo pericolosissima per qualsiasi economia poiché difficile da risanare ed estinguere.
Esiste però una “terza opzione”: il deficit statale che deriva da una precisa volontà del governo, risultato di manovre finanziarie o strategie economico-finanziarie di lungo periodo di natura espansiva volte al sostegno della crescita economica nazionale con un aumento della spesa pubblica e/o una contemporanea riduzione delle imposte. Ovviamente, il movimento opposto genera politiche di rigore che danno vita a monovre di tipo restrittivo per ridurre il deficit e pareggiare il bilancio.
Al fine di comprendere, analizzare e valutare le finanze pubbliche di uno Stato, il deficit statale viene generalmente misurato in termini assoluti che indicano con precisione il suo ammontare nella moneta di riferimento ma la maggior parte degli economisti preferisce valutarne le dimensioni relative. Questo significa che la valutazione della condizione economica di uno stato passa attraverso l’analisi delle dimensioni del deficit pubblico in rapporto al Pil – Prodotto interno lordo, per definizione la grandezza fondamentale della macroeconomia. Il Pil di uno stato equivale al “valore di mercato di tutti i beni e servizi finali prodotti in un paese in un dato periodo di tempo” e, messo in relazione con il deficit, diviene l’indicatore più semplice in un confronto internazionale. Questo valore indica qual è la capacità di produrre ricchezza e di ripagare il debito di un singolo paese.
Nell’UE – Unione Europea , gli accordi di Maastricht hanno definito un patto di stabilità e crescita che impone a tutti gli stati membri di non superare un deficit pubblico pari al 3% del Prodotto interno lordo nazionale.