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Interessi bancari

Interessi bancari attivi e passivi
Gli interessi bancari sono un elemento fondamentale nel rapporto fra banca e cliente. In generale, l’interesse costituisce l’eccedenza della somma ricevuta che il debitore promette di restituire in futuro. Costituito da una percentuale sulla somma ottenuta, fissa o variabile a seconda del contratto stipulato, l’interesse aumenta man mano che cresce l’ammontare del denaro trasferito al debitore. Nel caso degli interessi bancari, si distingue fra interessi attivi e passivi, a seconda che la banca sia debitore o creditore.

Di grande interesse per i risparmiatori sono gli interessi bancari attivi, che vengono riconosciuti a coloro che, ad esempio, scelgono di depositare presso una banca il proprio denaro. In questo caso, è la banca a pagare un interesse sui depositi che riceve. Il tasso d’interesse è fisso e viene stabilito nel contratto con cui il risparmiatore accetta di aprire un proprio conto presso la banca. La percentuale che figura nel contratto normalmente rappresenta il tasso d’interesse lordo, prima dunque che intervenga la tassazione. La banca infatti opererà una ritenuta fiscale, trasferendo poi solo l’ammontare netto: si tratta di un pagamento d’imposte anticipato, che sarà la banca a versare al posto del correntista.

Gli interessi bancari passivi invece riguardano quei servizi di finanziamento che la banca mette a disposizione della clientela, come mutui, prestiti personali, carte di credito. Ovviamente, l’ente creditizio si aspetta un ritorno da queste operazioni e dunque fissa un tasso d’interesse che il consumatore dovrà corrispondergli. Di fatto, gli interessi passivi rappresentano il costo del denaro preso a prestito. Per i soggetti privati è possibile detrarre alcuni interessi passivi, come quelli sui mutui sulla prima casa, a certe condizioni.

La legge sull’usura del 1996 (legge 108/1996) ha introdotto un tetto massimo per gli interessi, oltre il quale questi diventano usurai. Quando infatti il creditore richiede un interesse eccessivamente elevato, le difficoltà del debitore a ripagarlo diventano insormontabili. Per questo interviene lo Stato, a tutela dei consumatori. Per giudicare se un tasso sconfina nel campo dell’usura, si tiene in considerazione il momento in cui viene pattuito, e non quello del pagamento. La Banca d’Italia rileva ogni tre mesi i tassi effettivi globali medi applicati dalle banche, così da avere un riferimento su cui giudicare il grado di usura delle operazioni sotto esame.