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Riforma delle pensioni

Riforma delle pensioni
La riforma delle pensioni è entrata ufficialmente in vigore il 1 gennaio 2012 e ha riguardato diverse forme di trattamento pensionistico, sia in materia di limiti di età per il pensionamento, sia per quanto riguarda il sistema di calcolo utilizzato per l'erogazione della pensione.

Innanzitutto, sono cambiati i limiti di età per il pensionamento delle donne: per la pensione di vecchiaia, fino al 31 dicembre 2011 l'età era fissata a 61 anni, mentre in seguito alla riforma è passata a 62 anni che dovranno diventare 66 entro il 2018, così da eliminare ogni disparità tra uomini e donne. Sempre per le donne, sono anche state fatte delle distinzioni a seconda del settore di impiego: per le dipendenti del settore pubblico, l'età pensionabile è stata fissata a 66 anni, mentre per le lavoratrici autonome la soglia di età scende a 63 anni e 6 mesi e anche per queste lavoratrici si arriverà a 66 anni entro il 2018. Per l'accesso alla pensione di vecchiaia, rimane fissato in 20 anni il numero minimo di anni di contribuzione, sia per gli uomini, sia per le donne.

Per quel che riguarda, invece, il sistema di calcolo, la riforma ha introdotto il sistema contributivo per tutte le contribuzioni successive alla data di entrata in vigore. Questo significa che la rendita pensionistica non sarà più calcolata su una media dello stipendio percepito durante gli ultimi anni di vita lavorativa, ma verrà calcolato in base all'ammontare delle contribuzioni versate durante il corso di tutta la vita lavorativa e anche in base alla prospettiva di vita. Questo sistema penalizza soprattutto le donne, considerate più longeve rispetto agli uomini: questo dato fa sì che la pensione sia inferiore rispetto a quella di un uomo con stesse annualità e stesso importo di contribuzione.

La riforma ha introdotto anche disincentivi per chi chiede il prepensionamento prima dei 62 anni: per ogni anno di prepensionamento dai 62 ai 60 anni, verrà applicata una riduzione sulla rendita pensionistica pari all'1 per cento; per ogni annualità anteriore ai 60 anni, invece, viene applicata una riduzione del 2 per cento.

È rimasta inalterata la possibilità di accedere a quella che viene definita pensione minima, erogata però esclusivamente ai pensionati da lavoro che non raggiungono una soglia minima fissata in 501,38 euro mensili. Per questo trattamento pensionistico, il singolo o la coppia sposata non devono superare determinate soglie di reddito, oltre le quali nessuna integrazione è prevista. Per chi, invece, non raggiunge il reddito imponibile Irpef stabilito come minimo, è assicurata l'integrazione totale al fine del raggiungimento del reddito minimo.