Fondo di previdenza

Quando si parla di fondo di previdenza, ci si riferisce all’istituzione di un fondo complementare finalizzato all’ottenimento di una pensione integrativa a quella erogata obbligatoriamente dagli enti preposti, quali l’INPS o l’INPDAP. Il fondo di previdenza viene solitamente aperto con l’obiettivo di assicurare una maggiore copertura previdenziale nel periodo di pensionamento.
Il parlamento e il governo italiani hanno legiferato molto sul sistema pensionistico del nostro paese introducendo, fin dagli anni Novanta, importanti novità nel quadro di una riforma complessiva. Tra le innovazioni introdotte si ricorda la possibilità di impiegare il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) come fonte di finanziamento delle forme previdenziali complementari.
Occorre specificare al riguardo che vi sono diverse forme di previdenza complementare: i fondi pensione chiusi o negoziali che nascono nell’ambito dei contratti collettivi aziendali, riconoscendo come destinatari gli appartenenti a un determinato comparto o a un impresa; i fondi pensioni aperti, messi a punto dalle banche, dalle compagnie assicurative o dalle società di gestione del risparmio; i piani individuali pensionistici, ovvero la firma di contratti di assicurazione sulla vita, le cui polizze ne esplicitano le regole e le clausole; i fondi di pensione preesistenti, istituiti già nel 1992, successivamente supportati da norme di adeguamento ai più recenti fondi. In generale è possibile quindi notare che le forme di previdenza complementare si distinguono in collettive, come ad esempio i fondi negoziali, e in individuali, quali i piani pensionistici individuali.
Per aprire un fondo pensionistico complementare occorre compilare uno dei relativi moduli di adesione presso una delle società adibite all’istituzione di fondi, nelle sedi dove è possibile sottoscriverli, sul posto di lavoro o anche nelle sedi dei patronati. Il finanziamento dei fondi può aver luogo con il versamento di contributi a carico del lavoratore, a carico del datore di lavoro e del committente dei lavori oppure impiegando il TFR, se destinato a un fondo.
Il fondo di previdenza complementare può essere richiesto dai lavoratori dipendenti sia del settore pubblico che di quello privato, i collaboratori, i lavoratori autonomi, i liberi professionisti, i soci di cooperativa, i soggetti a carico fiscale di altri e rispetto ai quali colui che percepisce il reddito gode delle detrazioni fiscali previste in merito per legge. I soggetti che non percepiscono reddito derivante da lavoro, possono istituire solo fondi aperti e i piani individuali pensionistici.
Il datore di lavoro ha l’obbligo di versare la quota tralasciata a titolo di TFR al fondo che il lavoratore ha scelto. Nel caso in cui i lavoratori delle aziende con almeno 50 dipendenti non manifestino la propria aderenza a un fondo complementare al fine di conservare totalmente o in parte il TFR maturato in azienda, i datori di lavoro sono comunque tenuti a versare la corrispondente quota al Fondo Tesoriera.
Per conoscere ulteriori e più specifiche informazioni in merito al fondo di previdenza si consiglia di consultare il sito dell’INPS, alla corrispondente pagina web.
Il parlamento e il governo italiani hanno legiferato molto sul sistema pensionistico del nostro paese introducendo, fin dagli anni Novanta, importanti novità nel quadro di una riforma complessiva. Tra le innovazioni introdotte si ricorda la possibilità di impiegare il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) come fonte di finanziamento delle forme previdenziali complementari.
Occorre specificare al riguardo che vi sono diverse forme di previdenza complementare: i fondi pensione chiusi o negoziali che nascono nell’ambito dei contratti collettivi aziendali, riconoscendo come destinatari gli appartenenti a un determinato comparto o a un impresa; i fondi pensioni aperti, messi a punto dalle banche, dalle compagnie assicurative o dalle società di gestione del risparmio; i piani individuali pensionistici, ovvero la firma di contratti di assicurazione sulla vita, le cui polizze ne esplicitano le regole e le clausole; i fondi di pensione preesistenti, istituiti già nel 1992, successivamente supportati da norme di adeguamento ai più recenti fondi. In generale è possibile quindi notare che le forme di previdenza complementare si distinguono in collettive, come ad esempio i fondi negoziali, e in individuali, quali i piani pensionistici individuali.
Per aprire un fondo pensionistico complementare occorre compilare uno dei relativi moduli di adesione presso una delle società adibite all’istituzione di fondi, nelle sedi dove è possibile sottoscriverli, sul posto di lavoro o anche nelle sedi dei patronati. Il finanziamento dei fondi può aver luogo con il versamento di contributi a carico del lavoratore, a carico del datore di lavoro e del committente dei lavori oppure impiegando il TFR, se destinato a un fondo.
Il fondo di previdenza complementare può essere richiesto dai lavoratori dipendenti sia del settore pubblico che di quello privato, i collaboratori, i lavoratori autonomi, i liberi professionisti, i soci di cooperativa, i soggetti a carico fiscale di altri e rispetto ai quali colui che percepisce il reddito gode delle detrazioni fiscali previste in merito per legge. I soggetti che non percepiscono reddito derivante da lavoro, possono istituire solo fondi aperti e i piani individuali pensionistici.
Il datore di lavoro ha l’obbligo di versare la quota tralasciata a titolo di TFR al fondo che il lavoratore ha scelto. Nel caso in cui i lavoratori delle aziende con almeno 50 dipendenti non manifestino la propria aderenza a un fondo complementare al fine di conservare totalmente o in parte il TFR maturato in azienda, i datori di lavoro sono comunque tenuti a versare la corrispondente quota al Fondo Tesoriera.
Per conoscere ulteriori e più specifiche informazioni in merito al fondo di previdenza si consiglia di consultare il sito dell’INPS, alla corrispondente pagina web.