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Tesi di laurea

Tesi di laurea
Ad un certo punto deve succedere: lo studente, finito il corso di laurea triennale o magistrale (o il master), si trova a dover scrivere la propria tesi di laurea. Difficoltà a trovare l’argomento giusto, a reperire la bibliografia e, in alcuni casi, professori assenteisti possono essere causa di una vera e propria ansia di prestazione.

Non è necessario che succeda: alcuni piccoli accorgimenti, e il lavoro prende forma senza eccessivi intoppi.

A cominciare dalla scelta della materia. Naturalmente, è consigliabile scegliere un corso per cui si è già sostenuto almeno un esame: si conosce la metodologia, gli argomenti “papabili”, le aspettative del potenziale relatore.

Il relatore, appunto. Spifferi di corridoio ci dicono quale è più presente e quale meno, quale pretende un lavoro troppo o troppo poco approfondito.
In seguito, bibliografia e titolo provvisorio: come occuparsene? Non c’è un’azione che vada compiuta prima. Spesso, avendo un’idea generale, mi cimento con libri e articoli; per poi scoprire che quello che ho letto mi porta a cambiare (anche se di poco) il mio interesse.

Spesso scopro che non c’è abbastanza bibliografia sull’argomento, o che il mio progetto iniziale di ricerca può prendere una sfumatura che non pensavo, o che il problema che mi ponevo è un falso problema: nuovo argomento, nuova bibliografia. Per i primi tempi, è un movimento circolare più che frequente e non deve essere fonte di frustrazione.

Non deve essere neppure fonte di frustrazione, una volta cominciato lo studio, scoprire che i risultati che si vanno via via delineando sono distanti dalle nostre aspettative. Cambiare idea fa parte dell’onestà intellettuale del ricercatore. Così come gli sforzi fatti possono risolvere solo per metà il quesito che ci eravamo posti.

È bene allora essere molto chiari nella premessa che si scriverà (per ultima!): “Ho ricercato questo e quello, NON quest’altro”. Si può via via restringere il campo di studio: ma all’interno della parzialità, bisogna essere completi. Ed enunciare con precisione quella a cui si vuole arrivare.

E questi sono l’inizio e la fine. Manca la fase di mezzo: la scrittura. Mediamente, uno studente si sente dire più volte che le cartelle via via consegnate non vanno bene, che è tutto troppo generico, che i pensieri sono mal formulati: le bozze restituite sono zeppe di croci come un campo di battaglia. È buon segno: vuol dire che il relatore segue il lavoro con attenzione. E che si premura di non far fare brutta figura in sede di discussione a voi (e a lui stesso).

La discussione, infine. Diciamocelo: a questo punto, i giochi sono ampiamente già fatti. Avere un discorso sintetico, chiaro, eventualmente brillante serve solo a voi: per non avere quell’ansia che, immancabilmente, viene anche se si è previsto tutto fino all’ultima virgola. Sapendo che, se anche ogni virgola non è posizionata nel punto giusto, se si arriva in sede di discussione il lavoro dovrebbe essere segno di un lavoro fatto con tutti i crismi.

E soprattutto (prima e dopo), niente panico!